Oggi sappiamo tutti, o dovremmo saperlo, che il nostro smartphone comunica costantemente via etere chi siamo, dove siamo, cosa cerchiamo e quando lo cerchiamo… Di li a far sapere anche “con chi siamo” non ci mette molto
Ma il tutto è “celato” dietro oscure “accetta le condizioni” al cui ok si intrecciano migliaia di codici algoritmici che entrano nelle più profonde intimità di tutto ciò che abbiamo sul cellulare. Ci sono inoltre regole che “limiterebbero” la diffusione e l’uso di questi dati; però esistono e li chiamano big data, uno dei più grandi business di questa epoca.
Tornando alla nostra App Immuni, ho chiesto un parere al mio amico Luca Furlanut, esperto informatico e SEO specialist tarantino, che ha tra i suoi hobby “semplificare i concetti tecnologici”.
Luca, cosa fa l’App di “Contact Tracing”?
L’App di “Contact Tracing” ha lo scopo di controllare e contenere la diffusione del Covid-19. Sfruttando la tecnologia Bluetooth del proprio smartphone monitora con quali persone si viene a contatto e qualora una di queste dovesse risultare positiva al Corona Virus invia una notifica di probabile contagio.
E’ possibile “tracciare i contatti” tra persone in modo sicuro e nel pieno rispetto della privacy?
Per rispondere a questa domanda è ovviamente necessario comprendere il funzionamento della tecnologia hardware (ndr: dispositivo fisico in cui viene installata la app, in questo caso lo smartphone)alla base del sistema e poi monitorare le implementazioni software (ndr: il programma dell’app)affinché rispettino tutte le caratteristiche necessarie per garantirne il pieno rispetto.
Andiamo per gradi, l’hardware: in un documento tecnico rilasciato da Apple e Google che spiega le specifiche di funzionamento del “Contact Tracing” (tracciamento di contatti) attraverso il Bluetooth low Energy si evince, da uno schema, che in una condizione di non contagio tutti i dati restano memorizzati e criptati sul proprio dispositivo e mai inviati ad un server (ndr: dispositivi hardware di enormi capacità che immagazzinano grandi quantità di dati presenti in una rete) e gli unici contatti che si hanno col server sono per il download della lista dei contagiati che sarà automaticamente messa a confronto con la lista delle persone con cui si è entrati in contatto presente sul proprio smartphone.
Va inoltre specificato che, in queste liste, non ci saranno ovviamente i nomi delle persone ma soltanto dei codici numerici e che questi codici numerici associati alle persone cambieranno ogni 15 minuti, questo proprio per ridurre i rischi di violazione della privacy.
Pertanto, secondo Furlanut la risposta è SI. E’ possibile creare un sistema abbastanza sicuro a patto che vengano rispettati, in fase di sviluppo delle App, tutti i criteri di protezione dei dati personali messi a disposizione dai produttori degli smartphone.
Anche la famosa associazione Altroconsumo la pensa così e annuncia che terrà comunque alta l’attenzione sulla tutela dei dati sensibili, seguendo con test approfonditi questa App per valutarne e renderne noti i vari aspetti che si profileranno. Altroconsumo elenca, in un suo articolo del 17 aprile , alcuni punti su cui si concentrerà in particolare con i suoi esperti di informatica:
- verificherà quali tipi di dati raccoglie l’applicazione, a quali server li invia e se lo fa in modo criptato o meno;
- analizzerà, dal punto di vista giuridico, i termini e le condizioni di utilizzo della app e dei dati trattati;
- valuterà con gli esperti di salute l’utilità pratica dell’app nella lotta al contagio
- farà prove pratiche per valutare l’usabilità dell’app e spiegare come utilizzarla al meglio:
- renderà chiaro per i cittadini in che modo andrà utilizzata l’app: quali sono obiettivi, opportunità, limiti di questo sistema e quali saranno le misure complementari, sanitarie e di informazione, che le saranno affiancate. Cosa dovrà fare, ad esempio, una persona a cui arriva una notifica che lo avvisa di essere stato in contatto con un positivo? Tutto da vedere quindi, restando informati.
Per concludere come dicono gli anglo/americani: stay tuned (restate sintonizzati)
Per concludere invece come dicono in Puglia, a Taranto in particolare:‘ama vedè, disse ‘u cecate (superflua la traduzione)
Photo credit: Gino Tafuto